Intervista ad Augusto sugli Anni '60
tratta da "Quei favolosi Anni '60" di Red Ronnie vol. 1

 "E cade la pioggia e cambia ogni cosa. La morte e la vita non cambiano mai..."E la morte di Augusto Daolio, cantante e "immagine" dei Nomadi, avvenuta il 7/10/1992, ha solo accelerato quel cambiamento già in atto sulle prospettive musicali degli anni '60. I Nomadi, che al Cantagiro del 1966 assistevano quasi in disparte alla lotta tra i due complessi superstar, Equipe 84 e Rokes, oggi sono diventati il vero punto di riferimento di quell'era musicale. I loro dischi sono quelli più ricercati e preziosi. La pioggia, caduta in tutti questi anni, ha lavato via tutto il superfluo, lasciando solo l'essenziale. E in questo le canzoni dei Nomadi sono quelle più dense di significati. Grazie soprattutto all'aiuto di Francesco Guccini, che scrisse testi di una lucidità incredibilmente proiettata nel futuro, canzoni come "Dio è morto", "Noi non ci saremo", "Perfare un uomo" sembrano scritte oggi.
Eppure allora i Nomadi non erano molto considerati. Non erano certo belli come i New Dada, esotici come i Rokes o provincial - dandies come l'Equipe 84. Inoltre avevano testi difficili, che in momenti di boom economico trattavano la fine del mondo. Quando tutti cantavano il divertimento, loro denunciavano l'altro aspetto, quello dell'autodistruzione della propria generazione con alcol e droga. Mentre gli italiani godevano dei primi viaggi in autostrada, loro cantavano della morte per incidente stradale (tanto che "Canzone perun'amica" fu censurata perché: "In autostrada non si muore"). I Nomadi, stranamente perché provenivano dalla provincia padana, quellapiù allega e spensierata, si sono trovati, quasi per uno scherzo del destino, a incarnare l'aspetto più profondo di una generazion edi giovani che, per la prima volta nella storia dell'umanità, pretendeva di "contare" e di decidere per se stessa. Per questo Augusto Daolio può oggi essere considerato il primo protagonista del 1966, l'anno del beate dei complessi. E questa intervista con lui lo conferma.

Tutti parlano degli anni '60 come boom economico, spiagge e mare. In realtà significavano anche che per la prima volta la cultura arrivava ai figli degli operai, che potevano andare a scuola, potevano studiare. Voi siete sempre stati un po' la coscienza degli anni '60. Cantavate canzoni come "Noi non ci saremo", una canzone ecologica con la paura dell'atomica, del buco dell'ozono. Cantavate "Dio è morto", una canzone sociale che parla di droga, di alcool, di come si autodistruggeva una generazione. Poi c'erano: "Canzone per un'amica", "Per fare un uomo", "Un figlio dei fiori non pensa al domani".....

"Era un altro aspetto di quegli anni '60. Se si fa un affresco di quegli anni,si deve tenere conto anche di queste cose qua, di questi sentimenti che stavano nascendo in quel momento lì e che erano importanti e hanno poi trasformato il modo di vedere la vita, il mondo, e milioni di giovani e ragazzi. Noi siamo nati nel '63 e abbiamo fatto musica da ballo fino al '66. Quando abbiamo iniziato a fare dei dischi, mi sembrava che quelle cose, tipo "I Watussi", fossero già passate, che fossero già un passato, forse perché noi guardavamo in altra direzione. A 16-17 anni hai voglia di fare casino, non hai voglia di stare lì a ballare il geghegè, questo era l'atteggiamento di noi, dei nostri amici, del gruppo di cui facevamo parte in quel momento".

Augusto,quando hai iniziato, pensavi all'importanza che avrebbero avuto le tue canzoni per tanta gente?

"Io non ho mai pensato a cosa potesse servire agli altri quello che noi facevamo; pensavo che quello che stavo facendo fosse utile per me. Poi, a distanza di tempo, si è visto che si è costruita una storia, per alcuni importante; per me lo è sempre stata. Poi è bellissimo scoprire che per molti altri lo è diventata nel tempo, è bellissimo".
 

"Come potete giudicar. Come potete condannar." (da "Come potete giudicar")
 

In quel periodo c'era il rifiuto di essere giudicati e il desiderio di contare per quello che si era.

"C'erano delle cose nell'aria ed i musicisti erano i primi ad accorgersi che la gente sentiva qualcosa. Ci sono dei momenti di tensione universale, in tutto il mondo ci sono periodi in cui persone, che possono essere registi, musicisti, scrittori, drammaturghi, sentono l'esigenza di raccontare qualcosa che c'è nell'aria in quel momento lì, e questo li unisce.Non è sempre così, ma negli anni '60-70 c'era uno di quei momenti magici. Oggi c'è più frammentazione, è difficile avere la stessa idea di uno che abita a 1000 Km di distanza. Oggi è proprio un altro momento storico dove c'è tutto e non c'èniente, non c'è niente e c'è tutto".
 

Frale canzoni che tu hai cantato coi Nomadi a quell'epoca, oggi quale senti la più attuale?

"E'una domanda che viene fatta spesso, per curiosità, per sapere a quale figlio sei più affezionato. Io non so mai cosa rispondere perché sono un progressista decadente, romantico e non sento mai la necessità di dover cantare per forza il tuo presente. Credo che, aldilà di tutte le impostazioni della cultura e del bisogno di andare avanti, ci sia tutta una gamma breve di sentimenti. I sentimenti forti sono tutti identici nel tempo. In ogni generazione, mille anni fa si sentivano le stesse cose che si sentono oggi: la rabbia, l'amore, la tenerezza, la dolcezza, l'odio, l'invidia; tutta questa gamma di sensazioni, colori, emozioni sono identiche in un uomo d'oggi come in un uomo medioevale. Credo che un musicista debba per forza usare le sue frecce in quella direzione. Quando io scrivo un testo, penso di cantare una canzone che è nata sempre attraverso uno di questi sentimenti qua, quindi non è ne attuale, né futurista, né del passato; allora tutte le canzoni acquistano un loro valore particolare. Le canzoni sopravvivono ai cantanti, i libri agli scrittori, i film ai registi e questa è la grande magia della cosa quando è fatta bene e con intelligenza. Va oltre al successo dei dischi: puoi vendere, non vendere, puoi essere il primo, l'ultimo, non ha importanza; l'importante è che tu hai avuto l'intuizione, tu hai usato i sentimenti per raccontare una cosa agli altri, tu sei il narratore e gli altri devono ascoltarti se tu hai qualcosa da narrare. Noi rubiamo dalla gente e la gente ruba da noi qualcosa, insieme si camminanel mondo. Quindi tutto quello che abbiamo fatto va bene, era giusto".
 

Augusto, quando vedevo i Nomadi cantare in televisione, mi sembravate sempre degli outsider, gente che non c'entrava niente. Quando ti vedo oggi, mi sembri un outsider e mi sembra che non c'entri niente, come mai?

"Ma io non è che lo faccio apposta, è così, forse non tutti si viaggia sugli stessi binari, sarà una questione di destino, l'avrà deciso il Padre Eterno, qualcuno. Io non mi sento un pesce fuor d'acqua, in qualsiasi ambiente ho la capacità, come l'acqua, di prendere la forma del recipiente, quindi mi sento bene ovunque. Se sono stanco, mi sento stanco anche a casa mia, circondato dalle mie cose. Forseè la natura stessa che ha fatto in modo che noi ci unissimo e ci cercassimo, che si potesse fare un gruppo come i Nomadi e fossimo un po' così, ma non per scelta ideologica, religiosa o mistica o pratica o economica o sociale. Noi siamo così".
 

C'entravate qualcosa coi complessi d'allora? >

"No, non credo".

Frequentavate l'ambiente musicale?

"No, quando ci si incontrava nei famosi bar dei musicisti, o ci si trovava alla notte in certi posti dove vanno tutti, noi non c'eravamo mai, ma non peruna questione di snob, o per essere fragili o delicati per appartenerea questi giri. Io le mie amicizie le ho sempre coltivate al di fuori dell'ambiente, perché ho più stimoli, stimoli diversi. A me non piace parlare sempre di musica e di canzoni, mi piace parlare della vita, del mondo,di quello che succede. I miei amici, che frequento quando non faccio il cantante, sono completamente al di fuori della categoria dello spettacolo. Sono scultori, scrittori, poeti, gente normale della strada.
 

Perchéc'è tanto caos in questo periodo?

"La mia impressione è che la retorica ufficiale, anche quella del pacifismo, vuole che in fondo il mondo, una volta che ha raggiunto uno stato di benessere o calma politica, si fermi lì. Invece no, il mondo è una grande pentola, sempre in ebollizione. Oggi i problemi vengono dall'Est, l'Africa è un grande ebollitore, ma non si fermerà mai. Credo proprio che la vita stessa sia questo fluire di acque, fuoco, sentimenti, guai se non fosse così. Guai se non ci fossero queste cose che danno il sangue, il ritmo a questa vita, che di per sé non avrebbe nessun significato. Bisogna accettare la vita con questa sua dimensione di cose continuamente in ebollizione, continuamente in ricambio. E' chiaro che tu devi cercare il tuo posto nel mondo, far sentire la tua voce se hai voglia di farla sentire, se hai voglia di polemizzare col mondo, di cantarlo, di criticarlo, di negarlo, di risolverlo politicamente, c'è lo spazio di fare tutte queste cose qui. E' chiaro che davanti all'orrore provi orrore, speri sempre che non avvengano queste cose. Quando le cose tendono a calmarsi, ciak, ecco un'altra parte del tendone e trovi un'altra falla. Non so quale sia l'intendimento di chi ha fatto il mondo, quale sarà l'obiettivo finale, se è quello di farci scoppiare tutti di rabbia oppure.......".
 
 

"In ciò che noi vogliamo Dio è risorto. Nel mondo che faremo Dio è risorto". (Da "Dio è morto")

"Cerco sempre di liberarmi delle mie radici involontariamente cattoliche, ma tutte le volte cado anch'io in quello che poi abbiamo dentro, è difficile scrollarsi da dosso tutto. penso che le cose siano cicliche, come la guerra,che poi dopo viene la pace. Il mondo è un grande pallone gonfio che ogni tanto perde da qualche parte. C'è un tentativo di smobilitare tutto il passato, di smontare tutto quello in cui si era creduto, che eragià scritto sui libri di storia. Adesso fra un po' la Rivoluzione Francese diventerà maligna, mentre invece i personaggi che hanno fatto l'orrore diventeranno positivi. Chissà, Hitler un giorno forse verrà rivalutato, parleranno di lui come di una persona che cercava di risolvere i problemi della sovrappopolazione. Sarà così."
 

Quando vedi dei bambini che cantano le tue canzoni, non ti sembra strano?<

"No, vuol dire che in fondo le canzoni diventano una proprietà familiare, il padre trasmette ai figli e questa è una continuazione. A me piace, stasera sappiamo che cantiamo in fondo anche per loro, il messaggio è rivolto anche a loro, questo è bellissimo. Loro non sanno il significato di tante parole, però è bellissimo che vedano noi, che non siamo i mostri televisivi che la televisione impone, quindi è un affetto diverso, più importante. Loro cresceranno e fra qualche anno ce li vedremo davanti, questo è già successo tre o quattr ovolte."
 

Bambini che vedevi ai tuoi concerti e oggi sono ragazzi e continuano....

"Hanno coltivato questo affetto, amore per il gruppo. Poi hanno imparato le canzoni, questo mi piace molto".
 

"Un vecchio e un bambino si prese per mano e andarono insieme incontro alla sera..." da"Il vecchio e il bambino")

E'il sogno di ogni padre di tramandare ai figli ciò che ha amato?

"Si, nella passione per la musica riesci a comunicare, è chiaro che se vuoi che tuo figlio vada a cacciare o pescare, non sempre lo fa. Però la musica e le canzoni sono cose che prendono. Anche perché i bambini sentono le cassette o i dischi in casa e vanno al di fuori del bombardamento televisivo, di quello che impone il gusto in quel momento".
 

Voi non siete spesso in televisione, perché? Perché non vi vogliono o perché avete moderato le vostre apparizioni?

"Un po' per tutto; con te veniamo volentieri perché con te ci sentiamo abbastanza liberi, questo credo che sia un modo di pensare abbastanza comune fra noi e te. Alla ricerca sempre di qualcosa, all'unisono con te, che vuoi essere una persona libera e dire e fare quello che vuoi, quindi è chiaro che ti scontri sempre con qualcuno. Credo sia un po' tutto, un po'non ci vogliono, un po' non vogliamo noi, ma credo che questo non essere continuamente presenti è anche uno dei fattori per cui siamo ancora. Non abbiamo saturato il video, non abbiamo stancato la gente. La gente che passa davanti al televisore pensa sempre, quella volta che ti vede, che forse sei anche nuovo".
 
 

Red Ronnie